Assisi, professore di lettere vince Certamen di poesia latina: ieri la premiazione a Roma

Poesia 5' di lettura 28/04/2015 - Quest'Assisi non finisce mai di stupire nel mantenere vivo il filo d'oro del poetare. Ieri, martedì 28 aprile, nell'Aula Magna dell'Università Lumsa, il professor Tommaso Baronti, insegnante di lettere all'Istituto Scientifico di Assisi, hà infatti ricevuto il primo premio per la composizione latina “Ambulatio” al concorso nazionale di poesia latina “Certamen Scevola Mariotti”.

A renderlo noto, in un breve comunicato stampa, è l'associazione Commedia Harmonica.

Il concorso, giunto alla quarta edizione, è bandito dall’Accademia di Poesia Italiana e dall’Associazione E. I. P. Italia, in collaborazione con la Libera Università degli Studi Maria SS.ma Assunta (LUMSA).
Il Certamen si propone di promuovere lo studio della lingua latina e l’approfondimento delle sue capacità espressive attraverso la riflessione sulla perenne attualità di tematiche esistenziali, che hanno trovato voce e corrispondenza di accenti sia nella poesia latina che in quella moderna e contemporanea.

Il Concorso Scevola Mariotti di poesia latina è riservato a studiosi e cultori della lingua latina ed è intitolato a Scevola Mariotti, insigne filologo della “Sapienza” di Roma, autore, tra l’altro, in collaborazione con Luigi Castiglioni, di un noto Vocabolario della lingua latina.
Il bando include anche il Concorso Vittorio Tantucci di poesia latina, riservato a studenti delle classi quarte e quinte delle scuole secondarie di secondo grado con insegnamento della lingua latina (licei classici, scientifici e linguistici) ed è intitolato al celebre latinista Vittorio Tantucci, autore della grammatica latina più nota dal dopoguerra ad oggi in Italia e all’estero.

Di seguito riportiamo il testo completo della poesia vincitrice del professor Baronti, nella versione latina con traduzione italiana.
Natura maxime miranda in minimis
AMBULATIO
O Trasymene lacus speculum mutabile caeli;
caerulus es, viridans aureus et rutilans!
Fervidior vernis pluviis maiorque videris,
felices undas litora laeta ferens.
Lapsae de caelo volucres tibi pectora credunt, 5
credit piscator retia vana tibi.
Cymba sub occasum rimosa revertit humique
pisces exonerat funda vorax miseros
muta precesque movent desiderio ora liquoris.
Excrucianda gravi o suboles domino! 10
Carpae crudeli fauces lacerantur ab hamo,
anguillas ipsa strangulat ille manu.
Retia post alius pandit manantia lymphis:
illacrimare tuis sic Trasymene soles.
Vesper adest, ventus fumum occulti sapit ignis, 15
contiguus pagus concinit aere sacro.
Sermones avium serit arbor stamine frondum,
nubes dum fugiunt aetheriae, rapidae
erroresque meos vagulis imitantur acervis
qui nivei pereunt finibus in superis. 20
Umbrarum timidos iam congregat area pullos
atque alii gremio corda fovent aliis.
Perca profunda lacus colit algis obruta crebris
incolit et passer tecta cruenta veprum.
Numne reformidant nidi dulcedine tuti? 25
Solus at incedo tramitibus dubiis.
Flebilis auditur cantus comitante cithara,
unde puellarum limina saepe mihi
ceu rori violae matutino patuerunt.
Occidit ista dies, candida, nostra dies. 30
Aura canit calamis, exstat procul Insula Maior,
nascitur ex animo nescioquid tremitus.
Sera cicada quiescit in almae cortice pini
fuscus papilio lucis amore furit,
lampyrides flagrant veluti mortalia signa: 35
omnia sunt paci, nil nisi sidereum.
Lumine vicorum circumdatur atra lacuna.
Turriculae portu parvula linter abit,
imminet obscuris Sanctus Savinus arenis
Passignanus adhuc longiquus resonat. 40
Miror et adsido prati perfusus odore,
sambuco, lauro, foeniculo atque thymo.
O colles tenerum mulcentes aera salve
lunae tu radiis clara cupresse vale.
Curarum immemores vobis ubicumque cubile est 45
dormite o pecudes, o genus altivolans.
Hic Trasymene velim leni cum murmure flatus
sopiri salicis factus ego similis.
La natura è meravigliosa soprattutto nelle piccole cose
PASSEGGIATA
O lago Trasimeno specchio del mutevole cielo
ceruleo tu sei, verdeggiante aureo e rosso!
Appari più spumeggiante e grande per le piogge primaverili
con onde fiorenti e fertili coste.
Gli uccelli scesi dal cielo affidano a te i petti
a te le reti vuote affida il pescatore.
Torna la barca annosa al tramonto e a terra
il giacchio vorace riversa gli infelici pesci
e mute bocche muovon preghiere nel rimpianto dell’acqua.
O stirpe torturata da un severo padrone!
A una carpa son straziate le fauci dall’amo crudele
uno a mani nude strozza le anguille.
Poi un altro stende le reti ad asciugare, grondanti d’acqua:
così, o Trasimeno, sei solito piangere sui tuoi figli.
Viene la sera; il vento odora del fumo di un fuoco nascosto
il vicino villaggio tutto risuona del mistico bronzo.
Un albero intreccia con le trame delle fronde i canti degli uccelli
mentre le nubi fuggon via lievi, veloci
e fingono le mie inquietudini con cumuli errabondi
che svaniscono come neve negli spazi celesti.
Già l’aia raduna i polli timorosi della notte
e gli uni si stringono agli altri per scaldarsi.
Il persico coperto di fitte alghe abita le profondità del lago,
anche il passero alberga al riparo dei pruni crudeli.
Forse che hanno paura, protetti dalla dolcezza del nido?
Ma io cammino solo, per incerti sentieri.
Si ode un canto lacrimevole accompagnato dalla chitarra
onde sovente a me s’aprirono le porte delle fanciulle,
come alla rugiada del mattino le viole.
Tramonta questo giorno, questo nostro luminoso giorno.
Il vento suona sui canneti, sorge lontano l’Isola Maggiore,
nasce dall’animo un non so che di tremante.
La cicala tardiva s’acqueta sulla corteccia del materno pino
una falena impazzisce per amor della luce,
le lucciole s’accendono come astri mortali:
tutto ha la pace, tutto è stellato.
Il buio del lago è circondato dai lumi dei borghi:
dal molo di Torricella salpa un piccola barca,
San Savino sovrasta ombrosi arenili,
Passignano da lungi risuona fin qui.
Stupisco e siedo, inebriato dal profumo del prato,
dal sambuco, dall’alloro, dal finocchio e dal timo.
O colli che accarezzate il tenero cielo, salve,
tu, o cipresso chiaro ai raggi lunari, addio.
Dimèntichi degli affanni ovunque abbiate ricetto
dormite o armenti, o stirpe che in alto vola.
Qui, o Trasimeno vorrei con il murmure del vento
addormentarmi anch’io fatto simile ad un salice.





Questo è un articolo pubblicato il 28-04-2015 alle 06:00 sul giornale del 29 aprile 2015 - 2430 letture

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