L'altro volto di Maceo: dal buio alla luce con i ragazzi del Serafico

Maceo all'Istituto Serafico 4' di lettura 13/07/2015 - A proposito della mostra antologica “MACEO tra sogno e ironia”, inaugurata il 19 aprile, e che durerà fino al 16 agosto 2015 al palazzo del monte Frumentario, tutti quelli che l’hanno visitata ci sono tornati più volte meravigliati del personaggio e dell’artista che non conoscevano.

Mah! per fare un po’ di ironia in stile col titolo della mostra, neanche San Francesco, caro nostro illustre concittadino, ancora nessuno lo conosce. E’ vero che girando la città abbiamo la sua immagine sempre davanti agli occhi sulla pagnotta di San Francesco… e sul vino di San Francesco… e il salame di…. e la pasta di… e “fra panino” (sic) e i co….Basta! Ma quanto mangiava questo povero nostro sconosciuto San Francesco? Ci vorrebbe un po’ di silenzio e rispetto intorno a Lui, tutto il mondo ne parla e lo ama… un Papa si è dato il suo nome e noi, suoi concittadini, vediamo tutto questo nella più assoluta indifferenza.
Si parva licet per Maceo vale lo stesso spirito. E allora “ti ricordi?”… quando per il Calendimaggio girava col mandolino sopra un somaro (poi l’hanno cacciato via perché “non era dell’epoca”), e quando andava alle feste contadine per intonare con loro i canti “a recchia”, e quando per le elezioni faceva propaganda per il PCI girando con un sgangherata 500 munita di altoparlante…ecc.ecc… Insomma… una macchietta? Basta. Se andrete a visitare la mostra vi accorgerete dell’interiorità profonda del personaggio Maceo, grande amante di Assisi, per la quale forse ha sacrificato una carriera che poteva essere luminosa.
E’ stato talmente poliedrico che anche nella mostra per descriverlo ci è voluto tanto tempo; eppure ci sono ancora delle inevitabili lacune. In verità le cose da dire erano tante, troppe. Lo spunto per parlare quest’altro lato sconosciuto ai più ce lo hanno dato i servizi documentari sull’Istituto Serafico che da un po’ di tempo compaiono in televisione.
Infatti non abbiamo detto che lui, Maceo, ha lavorato parecchi anni all’Istituto Serafico. Siamo negli anni duri del fascismo, lui era un “diverso” e per intercessione di padre Giovanni Principe, direttore dell’Istituto Serafico per ciechi e sordomuti, che non ignorava le sue convinzioni politiche e che non avesse preso come tutti allora una certa tessera, pur avendo i titoli per accedere all’insegnamento.
Ebbene, nell'anno 1935 lo assunse ad insegnare ai ciechi e ai sordomuti. Fu una benedizione la dignità di un lavoro per Maceo, che ricambiò con una devozione e un affetto illimitato per padre Principe (era principe nella mente e nell’animo), ma soprattutto con una professionalità che ha dell’incredibile leggendola ai nostri tempi.
Dunque insegnava ai numerosissimi allievi (alcuni con gravi problemi), disegno, plastica, lavori di officina, linguaggio ai sordomuti... insomma tutto quello che serviva. La cosa sorprendente è che i media oggi ai nostri giorni hanno dato tanto risalto ad un nuovo metodo educativo-artistico per i ciechi dove, per esempio al bellissimo museo di Ancona e non solo, hanno elaborato un metodo per far gustare loro tatticamente le opere d’arte. Lui, Maceo, allora portava i ragazzi ciechi a visitare i monumenti facendoglieli toccare, ove era possibile. Nel libro “SOGNI E RICORDI” Maceo racconta: «Tutti studiano la plastica, il loro mondo è strano, fatto di franchezza e spontaneità… interessante è notare che dal lavoro della plastica si riveli il carattere del cieco. Alcuni amano fare le cose raffinate ben pulite, questi sono di temperamento riflessivo, un po’ melanconici, altri eseguono il loro lavoro con una fattura affrettata, dal tratto nervoso si capisce che sono di temperamento volitivo e assai gioiosi, altri invece qualunque animale o uccello che eseguono, copiandolo da un modello, commettono sempre lo stesso errore. Per esempio la testa troppo piccola, le gambe sproporzionatamente grosse. Gli alunni ciechi di questo Istituto sono allegrissimi, a differenza di quanto si pensi di loro. Sono dotati di un grande senso di osservazione e di uno spirito ironico sottilissimo. Quando lavorano cantano o scherzano mentre traggono dalla vischiosità della creta forme strane che i moderni scultori dovrebbero particolarmente studiare sapendo che quelle sculture non sono frutto di insincerità come gran parte dell’arte moderna; ma queste deformazioni rappresentano le sincere immagini del pensiero dei ciechi che rompono la cortina della loro ombra con la certezza delle agili mani e fanno uscire alla luce il colore grande del loro animo. Proprio nell’arte creando immagini fanno sentire una sincera canzone, la canzone del buio che non è altro che luce».


Nelle foto:
l'artista Maceo all'opera con i ragazzi
del Serafico negli scatti donati da Ginevra Angeli








Questo è un articolo pubblicato il 13-07-2015 alle 03:42 sul giornale del 13 luglio 2015 - 722 letture

In questo articolo si parla di cultura, assisi, ginevra angeli, articolo, maceo angeli

Licenza Creative Commons L'indirizzo breve https://vivere.me/alRj





logoEV
logoEV